“OSPEDALE SECONDO LIVELLO NON ADATTO AD ABRUZZO”, D’AMARIO, “DISCUSSIONE IN CORSO IN COMITATO LEA”

CAPODIPARTIMENTO REGIONALE INTERVIENE SU NECESSITA' DI MODIFICA RIGIDI CRITERI LEGGE LORENZIN, "UN CITTADINO LONTANO 150 CHILOMETRI NON AVREBBE STESSE GARANZIE". "GIUSTA NOSTRA SCELTA DI PREVEDERE IN NUOVA RETE CON QUATTRO HUB"

di Filippo Tronca

11 Gennaio 2024 08:04

Regione - Sanità

PESCARA –  “Sugli ospedali di secondo livello previsti dal decreto 70, c’è una discussione in corso a livello nazionale. La questione che infatti poniamo è la seguente: un paziente con l’infarto che si trova a 150 chilometri dall’ospedale con tutte le specializzazioni e servizi, che non può essere che uno soltanto in una regione come l’Abruzzo, avrà le stesse garanzie di un paziente che vive a pochi chilometri? Noi pensiamo di no, perché la logistica e i trasporti sono  complessi, soprattutto in regioni che hanno caratteristiche orografiche come la nostra”.

La conferma che sul nodo che ha avviluppato l’approvazione della rete ospedaliera in Abruzzo per anni, si stia cercando una via d’uscita definitiva, arriva, nell’intervista ad Abruzzoweb, dall’autorevole voce di Claudio D’Amario, capo del dipartimento Sanità della Regione Abruzzo, ex direttore generale della Asl di Pescara, ed ex direttore generale del settore prevenzione del Ministero della Sanità, che ora è componente anche dell’importante comitato nazionale Livelli essenziali di assistenza (Lea).

Come noto, l’Abruzzo ha approvato a dicembre la nuova rete ospedaliera, ma l’aspetto più scottante, l’individuazione dell’ospedale di secondo livello, con tutte le specializzazioni, è stato, con l’accordo del Ministero della salute, rinviato di 36 mesi. Del resto in Abruzzo si è assistito su questa individuazione, imposta dal Decreto 70 del ministro Beatrice Lorenzin, uno scontro durissimo, tenuto conto che forse solo l’ospedale di Pescara, potrebbe ambire a tale blasone, ma a costo della levata di scudi degli altri grandi ospedali. La precedente giunta di centrosinistra aveva così pensato ad un hub di secondo livello tra Chieti e Pescara e, in maniera molto vaga, uno tra L’Aquila e Teramo. La giunta di centrodestra ha lanciato la palla avanti per l’hub di secondo livello, bypassando per ora il decreto Lorenzin, e prevedendo per i quattro ospedali  di L’Aquila, Pescara, Chieti, Teramo la funzioni hub per le reti tempo dipendenti (rete stroke, politrauma e trauma maggiore, rete emergenze cardiologiche estese),  messi al centro della rete che prevede poi 4 ospedali di primo livello (Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto); 6 ospedali di base (Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero); 2 presidi di area disagiata, sedi di pronto soccorso (Castel di Sangro e Atessa).





Ora però la volontà politica già espressa dal presidente Marco Marsilio e dall’assessore alla Salute, Nicoletta Verì è quello di cambiare le regole del gioco, andare oltre il decreto Lorenzin, almeno negli aspetti controversi, confidando sui buoni uffici del governo amico. E D’Amario, da tecnico esperto in materia, è sostanzialmente d’accordo.

“Il modello di dea di secondo livello centralizzato previsto dal decreto 70 pone un problema di equità a accesso. Solo in una grande città è facile raggiungere un’azienda ospedaliera che contiene tutte le specialistiche, ma in un’area molto dispersa come l’Abruzzo, fare un unico Dea di secondo livello significherebbe non dare a tutti i cittadini le stesse opportunità di accesso sia nel rispetto dei tempi che delle garanzie assistenziali”

Certo, anche la rete ospedaliera abruzzese prevede, nero su bianco che “dobbiamo tendere ad un Dea di secondo livello che non potrà che essere unico, visto il bacino d’utenza e gli abitanti, ma stiamo cercando di far capire che un modello centralizzato non garantisce una ottimale presa in carico nei territori a bassa densità di popolazione e dove occorre coprire grandi distanza. E questo non vale solo per l’Abruzzo, ma anche per il Molise, la Basilicata e l’Umbria. Molto più logico è stato stabilire, come abbiamo fatto, hub nei quattro ospedali principali, integrati tra di loro, con un percorso prestabilito a seconda della patologia, il che migliorerà la presa in carico dei pazienti”.

Per i resto D’Amario è sostanzialmente d’accordo con la filosofia di fondo del decreto Lorenzin.





“La nuova rete ospedaliera, imposta dal decreto 70 serve per regolamentare la riclassificazione degli ospedali italiani, perché era accaduto che negli ultimi 15 anni essi hanno vissuto di una autonomia organizzativa e funzionale, che non teneva conto delle caratteristiche e delle specializzazioni. Dando seguito a questo obiettivo, anche l’Abruzzo, con la nuova rete, ha razionalizzato il sistema, nella consapevolezza che la presa in carico dei pazienti dipende molto dalla capacità di integrare e diversificare le prestazioni e le specializzazioni, visto che non tutti gli ospedali sono in grado di far fronte alle grandi emergenze​ ‘tempo dipendenti’, che riguardano​ l’infarto, l’ictus e il politrauma”.

Tiene però a sottolineare D’Amario: “con la nuova rete ospedaliera​ disponiamo di uno strumento di programmazione alta, ma deve essere chiaro che essa non può fare a meno della rete territoriale, che rappresenta la seconda gamba di questa riforma. Il secondo atto di programmazione inerente proprio la rete territoriale è stato però già deliberato dalla giunta in quanto era propedeutico all’ approvazione governativa del Contratto istituzionale di sviluppo del Pnrr. Mancano adesso le linee guida per la redazione dei nuovi atti aziendali integrati per procedere alla fase attuativa”.

 

Commenti da Facebook

RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©


    Ti potrebbe interessare:

    ARTICOLI PIÙ VISTI: