PD, LETTA TIRA DRITTO: “NESSUNO SCIOGLIMENTO, IL PARTITO C’E'”

30 Settembre 2022 20:06

Italia - Politica, Politiche 2022

ROMA – “Il Partito Democratico c’è, altro che scioglimento”: la riflessione di Enrico Letta arriva al termine di una giornata iniziata con la lettera agli iscritti e alle iscritte, in cui si delinea per sommi capi il percorso congressuale, e proseguita con la lettura delle dichiarazioni dei dirigenti dem.

Non si sono espressi direttamente i ‘protagonisti’ attesi del congresso e nemmeno i capi corrente e potenziali candidati. Per il segretario è il segno che “l’unità del partito costruita in questi anni è ancora solida e, per questo, il partito si conferma come uno dei più forti partiti della sinistra in Europa”.

D’altra parte la socialdemocrazia europea, è il ragionamento che viene fatto al Nazareno, è in crisi nera: la Spd non ha fatto il pieno di voti, ma governa. Il Labour sta uscendo ora da una crisi ben peggiore di quella del Pd.





“Capisco gli appelli e le lettere di tutti, ma siamo nella fisiologia della politica e quello che sta vivendo il Pd lo ha vissuto il Partito Socialista Operaio Spagnolo, la Socialdemocrazia tedesca, il Labour inglese”, sottolinea Enrico Borghi, della segreteria dem: “Il Labour ha avviato un profondo percorso interno dopo la cocente sconfitta di Corbyn contro Boris Johnson e ora è dato in forte vantaggio dai sondaggi. Non dobbiamo spaventarci, né avere ansia di smantellare, ma riformare e allineare il partito con la società”.

Rispetto a questo scenario, il quadro è meno fosco di quello disegnato da chi parla di fine prossima del partito. Non si tratta di minimizzare, assicurano dal quartier generale dem, anzi. La lettera di Letta aveva proprio l’obiettivo di drammatizzare la situazione per serrare i ranghi del Pd ed evitare uno sfarinamento del partito di cui il fiorire di candidati e autocandidati sembrava il prologo.

A fronte di una maggioranza di “integrati” – per usare le categorie di Umberto Eco – secondo cui il percorso del Pd sarà complesso, ma non traumatico, nel partito c’è anche qualche “apocalittico”: “Per la prima volta la vedo male”, afferma una fonte Pd segnalando come a mancare, rispetto ad altri passaggi difficili attraversati dal partito, sia questa volta “il collante del governo”.

Il Pd, è il ragionamento, non ha alcuna speranza di entrare nell’esecutivo, come accadde nel 2019 nonostante la batosta delle politiche dell’anno precedente. In più, pur essendo il secondo partito in Italia e il primo partito dell’opposizione, non è solo a contrastare la destra, ma deve parare i colpi di Azione-Iv da una parte e quelli del M5s, dall’altra. Una posizione, certo, non comoda. Ma è proprio per questo che Letta chiede al gruppo dirigente un atto di coraggio. La proposta avanzata da Letta è la sintesi di quanto verrà detto in direzione.

Una proposta aperta a contributi, avanzata anche perché sia metabolizzata in vista dell’appuntamento con il parlamentino dem a cui è devoluta anche la decisione sulla tempistica del percorso congressuale.





Il segretario, in ogni caso, vuole lasciare un tempo congruo alla fase cosiddetta della “chiamata”, ovvero all’ingresso di quelle realtà che sono oggi esterne al Partito Democratico ma che Letta vuole accogliere per riconnettere il partito con la società. Ciò che è mancato in questa tornata e che ha tentato faticosamente di fare Letta con le Agorà democratiche, esperienza a cui attingere per la “chiamata”.

Date le quattro fasi, toccherà alla direzione trovare il timing giusto. Da Base Riformista, assieme al plauso per l’apertura del percorso congressuale, arrivare una certa preoccupazione per il “rischio che si allunghi troppo il brodo”. Quindi, “vengano individuati tempi certi” per i singoli passaggi, è la richiesta.

“È perciò importante che questo percorso articolato abbia un preciso cronoprogramma, con i tempi certi individuati dal nostro Statuto, in modo da essere pronti per le prossime sfide che ci attendono, a partire dalle elezioni regionali”, dice Alessandro Alfieri, senatore dem che di Base Riformista è il coordinatore nazionale.

Una preoccupazione, secondo alcuni parlamentari della sinistra dem, da ricollegare alla candidatura di Stefano Bonaccini, “in campo da troppo tempo ed esposto al rischio di logoramento” prima delle primarie. Lui, il segretario, non ha alcun interesse a rimanere: “Vuol andare via presto”, sottolineano fonti parlamentari dem, “ma è consapevole che così com’è il partito non può reggere alla nuova fase che si apre”.

La sinistra del Pd accoglie senza esitazioni l’appello di Letta a un congresso che tocchi le radici del partito: “È sicuramente positivo che si sia deciso di aprire un percorso costituente, come avevo auspicato all’indomani del voto”, dice Andrea Orlando auspicando “un processo dal basso in maniera partecipata, coinvolgendo nella discussione e nella definizione della proposta politica l’associazionismo, il volontariato, gli elettori e anche coloro che sono rimasti a casa pur volendo dare un contributo a cambiare le cose”.

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