GIORNATA DELLA MEMORIA: AL CASTELLO ORSINI DI AVEZZANO SPETTACOLO “ETTY HILLESUM ELOGIO DELL’AMORE”

26 Gennaio 2023 21:34

L'Aquila - Spettacoli

AVEZZANO – La compagnia Fantacadabra e il Teatro Stabile d’Abruzzo presenteranno domenica 29 gennaio al Castello Orsini ad Avezzano, alle ore 17,  lo spettacolo teatrale “Etty Hillesum elogio dell’Amore” in occasione della “Giornata della Memoria” per commemorare le vittime della Shoah.

Di seguito la nota completa.

“Etty Hillesum” elogio dell’Amore con Laura Tiberi e Santo Cicco. Immagini video Stefano Mont regia Mario Fracassi.





Con lo spettacolo “Etty Hillesum”, la compagnia Fantacadabra e il TSA partecipano alla “Giornata della Memoria” per commemorare le vittime della Shoah.

La nostra vuole essere un’occasione per riflettere sul pericolo, ancora oggi attuale, rappresentato da un clima diffuso di odio e intolleranza tra gli uomini. Siamo convinti che l’approfondimento degli eventi di ieri fornisce gli strumenti per capire come l’accettazione degli stereotipi, dell’esclusione e della barbarie siano parte di un unico processo.

“Ci sono esistenze di uomini e donne che pure situazioni inumane, ci hanno lasciato e lasciano testimonianze straordinarie per come sono riuscite a salvare ‘la sorgente buona nell’umano’, senza lasciarsi schiacciare totalmente da ciò che la realtà esterna distrugge”.

Etty Hillesum (1914-1943), era una giovane donna ebrea olandese, che voleva fare la scrittrice, ma che troppo presto ha dovuto condividere la sorte di altri milioni di ebrei: la sua entusiastica vita è stata annientata nel campo di Auschwitz.





Uno spettacolo che non è una rievocazione, ma una proposta per capire che cosa può dirci oggi un’esistenza come quella di Etty Hillesum, cosa può dirci la sua disarmante presenza agli eventi del proprio tempo, la sua ricerca interiore, il suo desiderio di raccontare, i suoi interrogativi sulla differenza tra donne e uomini, la sua idea di Dio e dell’Amore, il suo altruismo radicale, la sua incontenibile ironia, il suo impetuoso spirito.

Etty Hillesum, giovane ebrea, prima deportata nel campo di smistamento di Westerbork, poi trasferita ad Auschwitz dove trova la fine chiedendo di essere «un balsamo per molte ferite», raccontando di se nel vasto regno della Shoah, diviene fonte per molte domande e riflessioni su un mondo in cui infinite persecuzioni e violenze ci impongono la necessità di “fare memoria”. Nello spettacolo è Etty che parla cercando di indicarci la strada della bellezza contribuendo a renderci capaci di indagare sull’oggi, sulla nostra storia e le nostre chiusure, sui nostri campi e le nostre deportazioni”

Chi è Etty Hillesum? Etty è una giovane donna di Amsterdam, intensa e passionale. Legge Rilke, Dostoevskij. È ebrea, ma non osservante. I temi religiosi la attirano, e talvolta ne parla. Poi la realtà della persecuzione comincia a infiltrarsi nel suo destino. «…La nostra distruzione si avvicina furtivamente da ogni parte, presto il cerchio sarà chiuso intorno a noi e nessuna persona buona che vorrà darci aiuto lo potrà oltrepassare». Ma, quanto più il cerchio si stringe, tanto più Etty sembra acquistare una straordinaria forza dell’anima. Non pensa un solo momento, anche se ne avrebbe l’occasione, a salvarsi. Pensa a come potrà essere d’aiuto ai tanti che stanno per condividere con lei il «destino di massa» della morte amministrata dalle autorità tedesche. Confinata a Westerbork, campo di transito da cui sarà mandata ad Auschwitz, Etty esalta persino in quel «pezzetto di brughiera recintato dal filo spinato» la sua capacità di essere un «cuore pensante». Se la tecnica nazista consisteva innanzitutto nel provocare l’avvilimento fisico e psichico delle vittime, si può dire che su Etty abbia provocato l’effetto contrario. A mano a mano che si avvicina la fine, la sua voce diventa sempre più limpida e sicura, senza incrinature. Anche nel pieno dell’orrore, riesce a respingere ogni atomo di odio, perché renderebbe il mondo ancor più «inospitale». La disposizione che ha Etty ad amare è invincibile. Sul diario aveva annotato: «“Temprato”: distinguerlo da “indurito”». E proprio la sua vita sta a mostrare quella differenza.

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