SUPERBONUS: CORTE CONTI, “TROPPO COSTOSO E INIQUO”. ANCE ABRUZZO SULLE BARRICATE, “CREA SVILUPPO”

di Filippo Tronca

1 Luglio 2022 08:44

L'Aquila - Abruzzo, Cronaca, Economia

L’AQUILA – “Il superbonus è distorsivo, fa perdere gettito fiscale”, e il sistema delle agevolazioni deve essere rivisto, anche perché vanno a favore, “di gruppi specifici di soggetti che non ne avrebbero bisogno, lasciando invece fuori le fasce più in difficoltà”, visto che viene garantito a prescindere dal reddito.

Nel bel mezzo dell’afa dell’anticiclone Caronte, il clima anche in Abruzzo si fa incandescente sul tema del superbonus, di fatto bocciato senza appello, almeno nella sua versione attuale, dalla Corte dei Conti nel giudizio di parificazione del Rendiconto generale dello Stato.

Un giudizio che sembra dar forza alla ferma intenzione del governo di Mario Draghi di non rinnovare una misura introdotta a maggio 2020 dal secondo governo di Giuseppe Conte, sostenuto da M5s e centrosinistra, costato finora allo Stato oltre 33 miliardi di euro,  grazie alla quale si possono effettuare lavori di miglioramento energetico e sismico delle abitazioni, spendendo nulla o quasi, grazie al sistema dei crediti fiscali, cedibili anche a terzi, come banche e le stesse imprese, e con l’intervento che in ultima analisi è pagato dalle casse dello Stato, riscuotendo meno tasse.

A contestare di fatto quello che sostiene la Corte dei Conti è però l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), anche quella abruzzese, che con il presidente Antonio D’Intino, configura ben altro scenario, assicurando che lo Stato non ci rimette,  perché rientra dei costi del superbonus, grazie ai fatturati in crescita delle imprese, con i maggiori versamenti di Ires ed Iva, e grazie alle nuove assunzioni.

La Cna Abruzzo ha diffuso poi nei giorni scorsi i dati dell’Enea, secondo cui l’Abruzzo è l’11esima regione per numero di investimenti, solo per le misure legate all’Ecobonus,  con 4.800  interventi con 1 miliardo di euro di lavori ammessi a detrazione e 672 milioni di investimenti per lavori conclusi.

Ance e Cna fanno poi notare che grazie al superbonus si è avuta una impennata dell’occupazione tanto che il numero di ore lavorate, a marzo del 2020 era stato di 807.329, contro 2.368.805 rilevato a marzo 2022, con un incremento percentuale del 193%.

Se ora si blocca il superbonus, e in particolare il sistema della cessione dei crediti, 33mila imprese artigiane in Italia sono rischio fallimento, fanno notare costruttori e artigiani della filiera edilizia, con  una possibile perdita di 150mila posti di lavoro nella filiera delle costruzioni.

Ma anche davanti a questo quadro, le parole della Corte dei Conti sono pesanti come pietre.

“Le spese fiscali costituiscono un elemento di distorsione del prelievo – si legge nel Rendiconto generale –  configurando in molti casi dei benefici non sempre giustificati per gruppi specifici di soggetti, con effetti distributivi non sempre auspicabili, e allo stesso tempo una perdita di gettito non irrilevante, che si quantifica in alcuni punti di Pil.





Il tutto mentre guerra e inflazione possono “mettere potenzialmente a rischio qualsiasi piano di programmazione” e impongono di accelerare per “creare le condizioni strutturali per la realizzazione del Pnrr”.

La relazione della Corte dei Conti ha fornito alcuni dati riepilogativi dei bonus edilizi nel biennio 2020-2021. In particolare, le prime cessioni e gli sconti comunicati all’Agenzia, a decorrere dal mese di ottobre 2020 e fino a tutto il 2021, ammontano a circa 38,4 miliardi di euro, per oltre 4,7 milioni di comunicazioni.

Relativamente ai dati delle fruizioni in compensazione dei vari bonus edilizi, fino al 23 febbraio 2022 sono stati utilizzati in F24 circa 2 miliardi di euro dei crediti d’imposta in parola. Tale importo si riferisce alle fruizioni relative alle sole rate dei vari crediti d’imposta maturate negli anni 2021 e 2022, relative alle detrazioni per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021.

Un profondo ripensamento del superbonus, per la Corte dei Conti, “si impone per la sostenibilità di misure che, proprio nelle fasi più difficili come quella che attraversiamo deve poter concentrare gli interventi sulle fasce più in difficoltà”.

E’ questo il tema del “regalare” soldi ai ricchi, come spesso e volentieri accade in Italia: come aveva già certificato la Corte dei Conti, se oltre il 60 per cento dei proprietari più ricchi usufruisce delle agevolazioni sulla casa, questa quota scende al 9 per cento nella media della metà più povera della popolazione. E il superbonus non fa eccezione. Eppure secondo le stime della rivista “la Voce” sarebbe bastato introdurre un limite Isee di 50mila euro per ottenere un risparmio potenziale di 9,6 miliardi in 5 anni.

Insomma, una fotografia destinata a rafforzare la posizione sempre più critica del governo, che vuole chiudere il capitolo superbonus, con il Movimento 5 stelle sulle barricate. Si studia però una uscita morbida, e un emendamento sulla cessione dei crediti da Superbonus depositato dal Governo, e in discussione nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, prevede che le banche e anche e le società appartenenti a gruppi bancari potranno “cedere sempre il credito a soggetti non rientranti nella definizione di consumatori o utenti”, che “abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la stessa banca cedente”. Una modifica che “supera” il decreto legge del 17 maggio 2022 in base al quale le banche potevano cedere solo a “clienti professionali”, per smaltire tutte le domande già in itinere, per poi chiudere i rubinetti.

ll ministro del Lavoro, Andrea Orlando spiega infatti che “si può fare una uscita graduale e morbida da questo strumento che ha prodotto anche molti problemi ma credo che una interruzione drastica rischi di creare una serie di incompiute che non sono nell’interesse di nessuno”.

Ma a dettare legge resta la posizione di Draghi che a maggio aveva affermato: “Il nostro governo è nato come governo ecologico, fa del clima e della transizione digitale i suoi pilastri più importanti. Ma non siamo d’accordo su tutto, sul bonus del 110% non lo siamo, perché il costo di efficientamento è più che triplicato e il prezzo degli investimenti per attuare le ristrutturazioni è triplicato, perché toglie la trattativa sul prezzo”.

A febbraio, il ministro dell’Economia, Daniele Franco, aveva poi affermato che, a causa del Superbonus, si sono verificate “truffe tra le più grandi mai viste”, visto che il meccanismo di cessione del credito unito all’utilizzo dei bonus edilizi senza controllo ha generato 5,6 miliardi di frodi fiscali di cui 2,5 miliardi e mezzo sequestrati.





A questo proposito: erano passate pochissime ore dalla circolare con le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, a chiarire ulteriormente le regole per l’accesso al Superbonus 110%, che la cronaca ha fatto registrare l’ennesima clamorosa e amara scoperta: una maxi truffa da oltre 770 milioni di euro legata al bonus in Campania: lavori mai eseguiti su edifici inesistenti.  I crediti oggetto del sequestro disposto dall’ordinanza del gip di Napoli Nord sono vantati da 143 soggetti, tra persone fisiche e giuridiche, rispettivamente residenti o aventi sede per la maggior parte tra le province di Napoli e Caserta. Tra questi, figurano molti percettori di reddito di cittadinanza, oltre il 70% dei responsabili, ma anche parcheggiatori abusivi, persone segnalate per contiguità con la camorra e, in un caso, un detenuto

Ultimo clamoroso episodio, la maxi truffa da oltre 770 milioni di euro legata al bonus in Campania per lavori mai eseguiti su edifici inesistenti.

Sempre sulla cessione del credito superbonus e altri bonus edilizi, gli illeciti emersi con maggiore frequenza, attesta la stessa Corte dei Conti, riguardano lavori edilizi necessari a conferire il diritto alla detrazione (e, conseguentemente, la facoltà di cessione del credito) non avviati; crediti oggetto di plurime cessioni “a catena” che coinvolgono imprese con la medesima sede e/o con gli stessi legali rappresentanti, sovente nullatenenti, irreperibili e/o gravati da precedenti penali; veri e propri “caroselli” di compravendite strumentali; immobili sui quali sarebbero stati eseguiti gli interventi agevolati non riconducibili ai beneficiari originari delle detrazioni (primi cedenti).

E ancora lavori edilizi incompatibili con le dimensioni imprenditoriali dei soggetti che li avrebbero effettuati e che acquistano la titolarità dei crediti con lo “sconto in fattura”; provviste ottenute con la monetizzazione dei crediti trasferite all’estero o reinvestite in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, come le criptovalute.

A difendere come detto a spada tratta la misura è però l’Ance Abruzzo.

“In una fase storica caratterizzata dalla ripresa dell’inflazione, è doveroso e giusto moralmente incentivare provvedimenti che, oltre i benefici diretti, stimolano gli investimenti, riducono l’evasione fiscale ed il lavoro nero – sostiene l’Ance -. Lo Stato rientra delle minori entrate e consegue, addirittura,  un saldo positivo,  in termini di fatturato delle imprese, con maggiori versamenti di IRES ed IVA, e per il fattore lavoro. Nel quadro degli investimenti attivati dagli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica nel 2021, con il 110% a fare da traino,  il saldo per il sistema economico del Paese risulta positivo per quasi 4 miliardi di euro”.

“A fronte di un aumento della spesa per edilizia abitativa pari a 8,75 miliardi nel triennio 2020-2022, si registra un incremento del valore aggiunto complessivo per il Paese di 16,64 miliardi nel periodo di attuazione del provvedimento e un ulteriore incremento di 13,71 miliardi negli 8 anni successivi a fronte di un impatto netto attualizzato sul disavanzo pubblico pari a -811 milioni di euro. A fronte di questi dati, non si comprende perché lo Stato continui a lanciare allarmi circa la difficoltà di rifinanziare il provvedimento, rendendolo strutturale, se non ipotizzando che le entrate vengano riassegnate ad altre poste di spesa. Le richieste hanno superato già i 33,7 miliardi di euro e ci dicono che i fondi sono finiti, con il  rischio che alcuni cantieri restino bloccati. Le imprese, in questo scenario, devono scontare l’inasprimento delle condizioni e  dei tassi in quanto le banche, che ancora accettano le cessioni del credito, lo fanno, se del caso, a prezzi più elevati rispetto ad un anno fa, di 6 o 7 punti percentuali. Queste sono le prepotenze da combattere!”, si legge ancora nella nota dell’Ance.

L’Ance ricorda poi di aver suggerito, sin dalla introduzione del superbonus, “alcune misure di miglioramento che avrebbero garantito la migliore e più efficace applicazione: dalla stabilizzazione temporale, all’introduzione di un tetto di spesa, alla riserva dei lavori in capo ad imprese certificate alla adozione del contratto collettivo di lavoro dell’Edilizia. La limitazione dei lavori ad imprese qualificate favorisce non solo la qualità del lavoro ma incide anche sulla limitazione delle truffe ad opera di aziende improvvisate senza storia e senza nulla da perdere. Il superbonus, inoltre, a differenza di altre tipologie, ha regole tali da scoraggiare illegalità tra obblighi di asseverazione dei prezzi, massimali e visti di conformità”.

Anche sul caro prezzi, l’Ance definisce  “clamorosa bugia” quella  riconduce l’escalation al superbonus, in quanto il caro materiali è un fenomeno geopolitico internazionale con intensità differenziata, e l’Italia si colloca tra quelli più virtuosi, anche nel primo trimestre 2022 .

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