CON COVID SI RIDUCONO SPIAGGE LIBERE IN ABRUZZO. OCCUPATO 48% COSTA, RECORD A PESCARA CON 84%

FOCUS RAPPORTO LEGAMBIENTE, MEDIA ITALIANA AL 42,8%, IL VICINO MOLISE PARADISO DEL MARE FREE, "OCCORRE LEGGE NAZIONALE"

di Filippo Tronca

19 Luglio 2021 08:32

Regione - Abruzzo, Cronaca

PESCARA – Da una parte le spiagge vengono erose a causa dei cambiamenti climatici oramai irreversibili, e le concessioni pluridecennali sono minacciate dalla terribile direttiva Bolkestein, che vorrebbe metterle a bando, guardata con il fumo negli occhi dai balneatori. Resta nell’ombra invece un dato non certo di secondaria importanza: anno dopo anno sempre più tratti di spiaggia  diventano privati, sottratti alla pubblica, libera e gratuita fruizione.

Accade in Italia, e accade in Abruzzo: come calcola l’ultimo rapporto di Legambiente in regione la lungo la costa sabbiosa 114 chilometri, sono ben 1.663 di cui 891 per stabilimenti balneari, 44 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici, che complessivamente occupano il 48,1%.

Una media superiore a quella italiana, che è 42,8%.

La spiaggia libera in Abruzzo poi è sempre più sotto assedio e anche complice il covid si è passati infatti dalle 647 concessioni del 2018 alle 891 del 2021.

Città dove più rare sono le spiagge libere sono Pescara, dove le concessioni sono al 84%, Alba Adriatica 83%, Francavilla 76,3% e Montesilvano 73,6%.

Legambiente calcola che le  concessioni balneari in Italia sono 12.166. Erano 10.812 nel 2018 con un aumento del 12,5% in 3  anni.





Complessivamente si può stimare che meno di metà delle spiagge del Paese sia liberamente accessibile e fruibile per fare un bagno.

ll record di spiagge privatizzate spetta però alla Liguria, con il 69, 9% della costa sabbiosa, seguita da  Emilia Romagna, 69,5% e Campania, 68,1%.

Al contrario in Calabria  sono occupate solo il 29,4% delle spiagge, in Basilicata il 28,2%, in Sicilia il 22,4%, in Sardegna il 20,7%, in Friuli Venezia Giulia il 20,3%  e nel vicino Molise appena il 19,6%.

Ma del resto in Abruzzo, la legge regionale dice che la quota di spiaggia libera che va lasciata è solo del 20%, una delle più basse d’Italia, assieme alle leggi vigenti in  Emilia Romagna e Campania, mentre in Puglia e Sardegna, dove pure il turismo marittimo è al top deve essere lasciata libera il 60% della costa, nel Lazio, con una recente norma, il 50%

Addirittura, in 5 Regioni, Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, non esiste nessuna norma che specifichi una percentuale minima di costa destinata alle spiagge libere o libere attrezzate.

Caso emblematico è anche quello della costa che unisce Marche ed Abruzzo, tra Grottammare e Francavilla al Mare, si contano un totale di 678 stabilimenti su 80 chilometri di costa. È vero che 25 km sono liberi, ma sono sopravvissuti solo grazie alle Riserve Naturali “Sentina” e “Borsacchio”.





Il dato più impressionante che viene fuori è che le concessioni crescono praticamente in tutte le
Regioni.

I dati di alcune risultano impressionanti e le differenze rispetto ai dati 2018 sono clamorose.

In Emilia-Romagna si va dalle 1.260 concessione del 2018 (di cui 1.209 per stabilimenti) a 1.462 (con ben 1.313 concessioni per stabilimenti balneari), mentre in Campania si è passati da 1.053 concessioni (916 per stabilimenti e 137 per campeggi e complessi turistici)
a 1.291 (di cui 1.125 stabilimenti).

Altri decisi incrementi vengono dall’Abruzzo, che vede un salto per gli stabilimenti da 647 a 891, e dalla Sicilia, dove le concessioni per stabilimenti balneari passano da 438 nel 2018 a 620 nel 2021, con un aumento del 41,5%.

In pochi casi diminuiscono le concessioni rilasciate, sostanzialmente per mancato rinnovo di quelle esistenti, come in Veneto (le concessioni per stabilimenti passano da 370 a 326) dove però aumentano sensibilmente le concessioni per complessi turistici e campeggi (da 62 a 93) e soprattutto il totale delle concessioni per il demanio marittimo, da 2.081 a 4.381, in gran parte dovuto a nuovi punti di ormeggio ed approdi commerciali.

Legambiente si batte per l’approvazione di una legge che ha come primo obiettivo, si legge nel rapporto, “stabilire un limite massimo del 50% per le spiagge in concessione in ogni Comune, con regole per garantire passaggi e spazi per i cittadini. È importante una indicazione di questo tipo anche per dare un riferimento ai Comuni nella elaborazione dei PUA, in modo che si rivedano dimensioni e spazi previsti con le convenzioni, eliminando barriere di accesso e al godimento visuale della spiaggia”.

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