25 APRILE: MATTARELLA, “TENERE VIVA MEMORIA ATROCITA’ NAZIFASCISTE E DI LOTTO’ PER LA LIBERTA'”

25 Aprile 2023 09:08

Italia - Cronaca

ROMA – Bisogna “tenere viva la memoria” delle atrocità nazi-fasciste ma soprattutto non dimenticare quanti lottarono e “permisero la liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista”.

Con questo semplice ragionamento il presidente della Repubblica Sergio Mattarella anticipa le celebrazioni del 25 aprile che mai come quest’anno, con l’avvento di un governo dichiaratamente di “destra-centro”, disegnano un Paese spaccato da lacerazioni antiche, evidentemente non del tutto superate.

Per sottolineare l’importanza di questa ricorrenza, il Capo dello Stato sarà a Roma, all’Altare della Patria, per deporre una corona accompagnato dalle cariche dello Stato, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i presidenti di Camera e Senato Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa. Subito dopo volerà in Piemonte, prima a Cuneo, poi a Borgo San Dalmazzo e a Boves.

Tre città che per motivi diversi rappresentano un momento storico da celebrare nell’ambito della festa della Liberazione. Il Piemonte quest’anno ospiterà il presidente della Repubblica a Cuneo, Borgo San Dalmazzo e Boves.





Cuneo è tra le città decorate al valor militare per la guerra di Liberazione. Mattarella sarà prima nella casa-museo Galimberti, poi terrà un discorso al teatro Toselli. Dal balcone della sua abitazione l’avvocato azionista Duccio Galimberti il 26 luglio 1943, poche ore dopo la destituzione di Mussolini da parte del re, tenne un discorso contro una “guerra assurda”, contro la decisione di Badoglio di proseguirla, contro l’occupazione tedesca già cominciata e per incitare la popolazione a combattere “fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista”.

“L’Italia vuole farla finita con il giogo della dittatura e con la barbarie nazista”, “sarà guerra di liberazione contro tedeschi e fascisti”. “Solo una libera scelta compiuta dal basso e di massa può riscattare gli italiani”, “Sarà una guerra popolare e nazionale, combattuta volontariamente” per “garantire la vera pace a cui aneliamo” disse.

“Non potrà essere una parte politica sola a costruire e ricostruire i nostri valori, nel mio studio si sono incontrati esponenti dei partiti socialista, comunista, liberale, della Dc e del Partito d’Azione. Assieme lanceremo un appello alla popolazione, chiediamo giustizia, non vendetta”. “Dodici ore fa abbiamo riconquistato la libertà, non vogliamo separarcene mai più” concluse.Galimberti contribuì a organizzare le Brigate Giustizia e libertà e ne divenne il comandante in Piemonte, nel novembre 1944 fu catturato, torturato e ucciso dai fascisti.

Borgo San Dalmazzo è un comune pochi chilometri fuori Cuneo, Medaglia d’oro al merito civile. Nel Borgo dopo l’8 settembre 1943, le SS catturarono 349 profughi ebrei che insieme ad altre centinaia avevano superato il confine francese sperando nella salvezza. Dalla prigione improvvisata dell’ex-caserma degli Alpini a Borgo San Dalmazzo furono deportati il 21 novembre verso Auschwitz. Solo 9 di loro tornarono dal lager.

Gli abitanti di Borgo San Dalmazzo, coordinati dal parroco don Raimondo Viale, che negli anni precedenti si era schierato contro la guerra ed era stato quindi mandato al confino, cercarono di aiutarli e nascosero gli ebrei che erano riusciti a sfuggire alla cattura. Viale, il cui impegno è ricordato da Nuto Revelli nel libro “Il prete giusto”, è stato insignito dallo Yad Vashem di Gerusalemme dell’onorificenza Giusto tra le nazioni.





Boves, a dieci minuti da Cuneo e da Borgo San Dalmazzo, è un piccolo comune teatro della prima rappresaglia dei nazisti contro la popolazione civile, è stato insignito delle due onorificenze più alte: Medaglia d’oro al valor militare e Medaglia d’oro al valor civile. Il 19 settembre 1943, pochi giorni dopo l’armistizio, mentre la 1 Divisione Panzer SS Leibstandarte SS Adolf Hitler occupava il paese, i partigiani catturarono due militari tedeschi.

I nazisti in una trattativa con il parroco Giuseppe Bernardi garantirono che avrebbero risparmiato il paese in cambio dei due ostaggi e della salma di un soldato caduto in battaglia. Bernardi, accompagnato da un imprenditore locale, Antonio Vassallo, salì in montagna, convinse e partigiani e tornò in paese per consegnare gli ostaggi e il caduto. Tradendo l’accordo, le SS diedero fuoco alle case del paese, in cui erano rimasti soprattutto anziani, donne e bambini, uccidendo 25 persone inermi. Bernardi, che aveva anche chiesto ad alcune ragazze del luogo di raccogliersi in preghiera davanti alla salma di un soldato tedesco, fu bruciato vivo.

Il suo vicecurato don Mario Ghibaudo di appena 23 anni fu giustiziato mentre aiutava vecchi e bambini a fuggire ed era impegnato a dare l’assoluzione a un anziano. Tra il 1943 ed il 1944 Boves fu teatro di rastrellamenti da parte delle SS in ritirata: di nuovo incendi, di nuovo morti, 59, tra civili e partigiani. Bernardi e Ghibaudo sono stati beatificati nell’ottobre scorso e le reliquie conservate nella chiesa di San Bartolomeo.

“Nell’estremo pericolo non abbandonarono il popolo loro affidato, ma lo assistettero fino all’effusione del sangue, condividendo il tragico destino di altri cittadini sterminati dai nazisti” ha detto papa Francesco il giorno della beatificazione.

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