EFFETTI DEL COVID: FUGA DA OSPEDALI PUBBLICI. ANAOO, 46% MEDICI PRONTI AD ANDARSENE

ABRUZZO NELLA MEDIA NAZIONALE, PESA CARICO DI LAVORO, BASSA RETRIBUZIONE RAFFRONTATA AL RISCHIO, INSODDISFAZIONE PER ORGANIZZAZIONE OSPEDALI.

di Filippo Tronca

22 Giugno 2021 08:06

Regione - Abruzzo, Cronaca

L’AQUILA – Solo il 54,3% dei medici ospedalieri italiani pensa di lavorare ancora in un ospedale pubblico nei prossimi due anni, mentre oltre il 75% si lamenta della poca valorizzazione del proprio lavoro durante la pandemia. L’Abruzzo, non fa eccezione, ed è nella media nazionale.

Il dato molto preoccupante, è l’esito di un sondaggio del sindacato Anaao Assomed, svolto a tra fine settembre e metà ottobre scorso. Quasi un bilancio sugli effetti che la drammatica emergenza covid-19 ha sortito su medici in prima linea, dei quali 350 sono morti a causa del virus per salvare altre vite umane.

Ad essere interpellati 1.354 medici e  1.107 dirigenti sanitari. In Abruzzo hanno risposto in media medici e dirigenti di una fascia di età tra i 50 e 55 anni.

L’aggettivo più frequentemente usato per descrivere la propria professione è di gran lunga l’aggettivo “faticoso”, in seconda posizione, un aggettivo positivo: “affascinante”.   Al terzo posto c’è l’aggettivo “frustrante”. Ma quello che conta è che oltre la metà medita di trovare un altro luogo di lavoro, nel privato, o nella professione autonoma.

Si commenta nel rapporto: “l’emergenza da Covid-19 ha messo dolorosamente a nudo una notevole fragilità e il quadro che emerge lascia presagire un avvenire difficile per la sanità pubblica italiana, il cui declino potrebbe arrivare entro pochi anni se le scenario prospettato dagli stessi medici ospedalieri dovesse realizzarsi”.

E ancora: “Le ragioni che spingono ad abbandonare gli ospedali, fenomeno già registrato in Inghilterra e in Svezia ed ora anche in Germania, sono riassumibili in un comprensibile spirito di sopravvivenza. L’eccesso dei carichi di lavoro, legato a una carenza numerica persistente al di la della giostra dei numeri sulle assunzioni, la rischiosità del lavoro, la sua cattiva organizzazione e lo scarso coinvolgimento nelle decisioni che lo riguardano, un problema per il 60.3% dei medici, insieme con una retribuzione non adeguata all’impegno richiesto, rappresentano i fattori determinanti”.





A livello di Asl provinciali abruzzesi si possono però apprezzare delle differenze nelle valutazioni prevalenti.

Nelle Asl aquilana e teramana il giudizio più frequente sulla attività svolta è “faticosa”, mentre al contrario nella Asl di Pescara e chietina prevale il giudizio “affascinante”

Nel giudizio sulla qualità del servizio sanitario regionale, prevale il “poco soddisfacente” nella Asl aquilana, e chietina, del tutto insoddisfacente” a Pescara. mentre al quesito relativo alla qualità degli ospedali pubblici, a L’aquila prevale il “poco soddisfacente”, a Pescara e Chieti il “soddisfacente”. non ci sono dati relativi a Teramo.

Per quanto riguarda i soli medici e non i dirigenti sanitari, la qualità del servizio nella struttura dove si attualmente opera è giudicata “del tutto insoddisfacente” a Pescara, “poco soddisfacente” a L’Aquila e Chieti, “soddisfacente” a Teramo.

Il dato che però deve destare allarme è un altro: ai partecipanti è stato chiesto di indicare quale impatto ha avuto l’esperienza dell’emergenza covid-19 sulle loro prospettive di lavoro nel sistema sanitario nazionale.

Ebbene: solo all’incirca un medico su due (il 54.3%) dichiara che si vede lavorare ancora in un ospedale pubblico nei prossimo 2 o 3 anni. La percentuale sale al 69.8% tra i dirigenti sanitari.





Tra coloro che non si vedono in un ospedale pubblico nel breve-medio termine solo il 16.6%
dei medici e il 22.6% prevede che andrà in pensione: tutti gli altri abbandoneranno la sanità pubblica per diventare liberi professionisti (14.3% dei medici) o per lavorare negli ospedali privati (5.3% dei medici) o comunque nel settore convenzionato (5.2% dei medici).

Circa un medico su venticinque (il 4.3%) pensa invece di andare a lavorare all’estero.

Se queste intenzioni e previsioni dovessero realizzarsi sarebbe un’emorragia devastante di personale medico che porterebbe in breve tempo al collasso la sanità pubblica italiana e costituisce ad oggi la più grave minaccia al diritto alla salute.

Le cause principali dell’abbandono indicate dai partecipanti riassumono in sostanza quanto è già emerso dalle domande precedenti: sono per lo più il peggioramento delle condizioni di lavoro e le retribuzioni inadeguate a spingere i medici ospedalieri ad abbandonare la sanità pubblica. Non è trascurabile però l’impossibilità di conciliare la professione con le esigenze della vita privata, problema che sarebbe grave di per sé per qualsiasi categoria di lavoratori e certamente lo è per i medici ospedalieri alla luce del compito sociale così importante che svolgono.

“Per evitare il disastro serve un cambiamento radicale rispetto alle politiche del passato, cominciando a rinunciare all’illusione di potere governare un sistema complesso esclusivamente attraverso un illusorio controllo dei conti. Occorre certamente aumentare le risorse e le retribuzioni ma, fattore altrettanto importante, secondo il nostro campione, anche coinvolgere i professionisti nei processi decisionali che governano la macchina ospedaliera”,  commenta l’Anaoo.

 

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